Dono del duca d’Altemps ai frati, è adiacente al Convento. Attraversato da un comodo viale con caratteristica staccionata, ponticelli in cemento e in legno, sotto i quali scorrono due ruscelli che presto si uniscono per proseguire oltre la pianura. Il folto e suggestivo bosco di elci, querce, tigli, castagni, corbezzoli, robinie, ecc. è anche rallegrato dal canto meraviglioso e vario degli uccelli. 
Nel cuore del bosco, sopra un poggio erboso, si scorge una rustica e antica cappella (restaurata nel 1986), dedicata a San Francesco, circondata e protetta da enormi roccioni dalle pareti umide e muschiose, lambiti dal ruscelletto che scorre a lato. 
All’interno vi è una statua artigianale, in legno, che raffigura San Francesco; in questa cappella, chiamata La Benedetta, i santi religiosi dei secoli passati usavano recarsi, dopo la recita notturna in coro del mattutino, per abbandonarsi più liberamente alla preghiera e alla contemplazione.In passato sulla parete esterna vi si leggeva la scritta: “Io, povero franco assisiate, vi invito ad imitar le mie pedate”. L’invito è anche oggi di grande attualità per tutti indistintamente, ma soprattutto per i giovani alla ricerca di maestri e testimoni.

Accanto alla Cappelletta, il 4 luglio 2010 è stata inaugurata una splendida statua di San Francesco, raffigurante il momento in cui il santo riceve le stimmate. Essa, è stata scolpita e donata, ai Frati del Convento, dallo scultore Carlo Cistaro,  di Filippa di Mesoraca. Essa rappresenta un atto di amore verso la sua terra di origine e verso questo Santuario. 
La statua in bronzo è alta due metri e mezzo, pesa circa 300 kg, la lavorazione ha richiesto circa due anni di tempo. Il saio, reso in maniera realistica, evidenzia la trama del tessuto e l’intreccio della corda, conferendo all’opera una profondità sia umana che spirituale

La sua collocazione nella natura con la sua bellezza ed i suoi rumori, riflette la personalità del santo, stimolando l’osservatore al raccoglimento ed alla riflessione spirituale.

I frati più noti per santità, che hanno onorato con la loro presenza questo sacro luogo

- Beato Tommaso da Firenze. Fu egli il fondatore del Convento, beatificato da papa Clemente XIV il 24 agosto 1771. In gioventù visse in modo sregolato però convertito e divenuto religioso si elevò alle più sublimi virtù tanto da sembrare un’immagine vivente di San Francesco. Anche se fratello laico fu per tanti anni Maestro dei novizi preparando alla vita religiosa molte anime elette fra cui dei frati onorati del titolo di Beati.Come missionario in Etiopia lavorò coraggiosamente per la conversione degli infedeli e per il ritorno degli scismatici alla Chiesa cattolica. Nel 1417 arrivò in Calabria per diffondere il movimento detto della Regolare Osservanza, le cui sorti governò per diversi anni. Qui a Mesoraca chiese è fondò il Convento. Ricolmo di meriti e glorioso per stupendi prodigi, morì a Rieti (qui sepolto) il 31 ottobre 1447.

- Fra Umile da Petralia. Fra i servi che vissero o morirono in diversi tempi in questo convento, vi fu anche un religioso laico, di nome Fra Umile, siciliano di nascita. Fu rigido osservante delle regole del suo istituto ed unì agli obblighi del suo stato l’esercizio delle più rare virtù.Non ci è dato sapere esattamente in quale anno sia stato qui, è da supporre che sia venuto dopo l’anno di noviziato del beato Umile(1610). Valente artista, dedicò tutta la sua vita a scolpire su legno immagini di Gesù sofferente, che si ammirano e si venerano ancora in Sicilia, in Calabria, in Puglia, in Campania, a Malta, ecc. Qui nel nostro Convento, scolpì la statua del S.S. Ecce Homo.Morì nel convento di Sant’Antonino di Palermo il 9 febbraio 1639. Consulta questo LINK per avere più informazioni.

- Beato Umile da Bisignano. E’ un vero fiore di paradiso prodotto dal francescanesimo in Calabria. La sua vita è tutta tessuta di eroiche virtù, di miracoli, di estasi, di profezie e di altri doni con i quali Dio volle glorificarlo.Santificò con la sua dimora tanti Conventi della Calabria, ovunque veneratissimo dal popolo. Fu tale la fama della sua santità che lo vollero vedere gli stessi sommi pontefici Gregorio XV e Urbano VIII i quali lo ebbero carissimo e lo trattennero per diversi anni a Roma.Qui nel Convento di Mesoraca, compì l’anno di noviziato durante il quale meritò che la Madonna gli parlasse dalla statua marmorea che si venera sull’altare maggiore della chiesa. Oltre all’anno di noviziato, trascorse altri anni qui nel Convento. Una volta i superiori lo mandarono in penitenza per due anni, con il divieto di parlare sia con i frati che con i laici. C’era e c’è ancora una piccola stanza, recentemente restaurata, detta cappella del beato Umile, dove il Beato pregò e trascorse i due anni di penitenza.Morì a Bisignano nel 1637. È stato solennemente beatificato il 29 gennaio 1881 da Papa Leone XIII; si attende la sua canonizzazione.

- Beato Matteo Vidio da Mesoraca. Entrato giovane tra i frati raggiunse un grado mirabile di santità. Rifulse per pietà, mortificazione, umiltà e obbedienza e queste eroiche virtù il Signore lo premiò con molti miracoli operati in diversi luoghi. Nell’estate del 1525 predicava in questo santuario all’aperto, sotto un albero, tanta era la folla che non poteva essere contenuta in chiesa. Ma l’albero era carico di cicale che con il loro frinire disturbavano la predicazione; allora il Beato ordinò loro che si quietassero fino a che egli avesse concluso la predica, fra le meraviglia di tutti immediatamente le cicale si acquietarono per riprendere subito dopo a predica finita. Un’altra volta, come San Francesco da Paola, non esitò ad entrare in una fornace accesa del convento attraverso le fiamme per eseguire una riparazione e ne uscì perfettamente illeso. A somiglianza pure di San Francesco, si racconta che egli rammolliva, squadrava e adattava le pietre più dure e informi con un semplice segno di croce.Dal 1507 al 1516 ricoprì in Calabria l’ufficio di Ministro provinciale dell’Osservanza. Morì nel convento di Taverna, da lui fondato, il 3 ottobre 1525, ed ebbe vivissimo culto per le molte guarigioni e altri miracoli che avvenivano al suo sepolcro; si ricorda in particolare l’istantanea guarigione della paralitica

Faustina Dodonica, gentildonna di Taverna. Dopo la soppressione francese, le relique del Beato vennero trasportate a Mesoraca è deposte in una cassa dietro la chiesa matrice. Nel 1910 furono di nuovo rimosse e portate al nostro convento; dal 1995sono collocate in chiesa nella parete tra il primo e il secondo altare a sinistra entrando: una lapida ne indica il posto.

- Beato Girolamo da Mesoraca. Di quest’uomo religiosissimo e pieno di meriti presso Dio sappiamo solo che profetizzò il giorno e l’ora della propria morte, avvenuta nel convento di Scigliano (CS) il 6 agosto 1534, nove anni dopo la morte del concittadino Beato Matteo, del quale fu certamente amico, imitatore e valido aiuto.Pur godendo di buona saluta, una mattina si recò dal Padre Guardiano e lo pregò di voler radunare nella sua cella i frati del convento perché aveva qualcosa di importante e di urgente da dire. Quando tutti i confratelli furono presenti, il sant’uomo, messosi in ginocchio con il cordone al collo, chiese umilmente perdono di ogni cattivo esempio o di offesa che avesse potuto arrecare, e si raccomandò alle loro preghiere dovendo passare all’altra vita. Gli fu imposto di dare ragione a tale sua affermazione, ed egli allora riferì che gli era apparso Gesù fra la Madonna e San Francesco e gli aveva rivelato che in quel giorno sarebbe morto prima che in chiesa terminasse la celebrazione di tutte le messe.La cosa si avverrò con mirabile precisione. Mentre infatti finiva in chiesa l’ultima messa, i confratelli lo trovarono esanime in cella, devotamente genuflesso e con il volto e gli occhi rivolti al cielo.

- Beato Pietro da Belcastro. Fu uomo pio e modesto, rinomato per la perfezione e santità della sua vita; esercitò con la questua tra i fedeli un prezioso apostolato.Eletto Ministro provinciale della Calabria, forse dopo che ne lasciava il governo il Beato Tommaso da Firenze, vide e diresse la costruzione di questo convento dove morì, con gran fama di santità, il 3 settembre 1430, un anno dopo l’inaugurazione del santuario.Il suo corpo ritrovato incorrotto, dopo molti anni dalla morte, fu deposto in luogo distinto e decoroso e divenne oggetto di viva devozione da parte del popolo.

- Beato Francesco da Cropani. Religioso esemplare, rinomato predicatore, uomo di santa vita, zelante della salvezza delle anime, ripieno di virtù e di meriti. Morì in fama di santità in questo convento il 5 novembre 1495 e fu sepolto in chiesa.Il suo corpo fu oggetto di venerazione per molti anni; si narra che, esumato nel 1503, fu rivenuto come il Beato Pietro da Belcastro, integro, incorrotto come se fosse stato appena sepolto e spirante un acuto e soavissimo odore.

- Fra Taddeo da Cutro. Fratello laico insigne per virtù e miracoli. Dimorando in questo convento una volta, in occasione di certi lavori, fu visto trasportare da solo e senza difficoltà da un luogo all’altro un grosso masso che molti operai non erano riusciti nemmeno a smuovere. Dotato di frequenti estasi, veniva spesso sollevato in aria sino al tetto della chiesa. Morì nel convento di Rossano il 25 novembre 1637.

Questi e tanti altri santi religiosi che vi hanno dimorato, hanno contribuito a rendere famoso e meta di pellegrinaggi questo Convento.

L’opera che troneggia sull’altare maggiore è la splendida statua marmorea di Antonello Gagini da Messina scolpita in marmo bianco di Carrara nel 1504 raffigurante  la Madonna delle Grazie. 
La Vergine, in piedi con il Bambino in braccio, ha un’espressione di materna bontà e di dolcezza. Sopra la nicchia che custodisce la sacra effige, si leggono le parole di San Bernardo: “AUDISTIS? HAEC VIRGINIS IMAGO VOCES PROTULIT” (Avete udito? Questa immagine della Vergine ha parlato) a ricordare l’episodio prodigioso secondo il quale questa statua parlò al Beato Umile da Bisignano. Secondo alcune fonti: Fra Umile, nell’imminenza della sua professione religiosa, doveva dare l’esame di quanto gli era stato insegnato dal Padre Maestro durante l’anno di noviziato compiuto in questo convento, ma avvenne che la sua mente – forse per opera diabolica – cadesse in tale confusione e smarrimento da non ricordare nulla di quello su cui doveva essere interrogato.

Il pio novizio, consapevole che i superiori avrebbero dovuto licenziarlo se  non avesse dato prova di essere abbastanza istruito, nella notte precedente il giorno dell’esame prostrato davanti a questa statua, così la pregò: “Madre mia, i frati non mi daranno il voto per la professione se non saprò la Regola e la dottrina cristiana; io mi riconosco inabile a ciò, ma voi ben sapete che mi sono tutto dedicato al Vostro servizio; fate dunque di me quello che vi piace”. E Maria si compiacque di consolare l’afflitto suo servo rispondendogli dalla sua immagine: “Non ti affliggere figlio mio, poiché sarà mia cura di renderti consolato”. Tutto questo fu udito dal Padre Guardiano che si trovava in un angolo del coro in orazione e non era stato visto dal Beato Umile. 
Egli tacque per allora, ma all’indomani quando il santo novizio, presentandosi all’esame, lo sentì rispondere ad ogni interrogazione con una esattezza e precisione che meravigliò tutti, non poté fare ameno di manifestare alla comunità il colloquio prodigioso di cui era stato testimone in quella notte.

L’altare maggiore è adorno di un piccolo Tabernacolo in marmi policromi; il paliotto, i gradini superiori e il piedistallo della statua sono finemente lavorati a fogliame, fiori ed uccelli su fondo nero così da sembrare una vera miniatura con effetto coloristico. Opera, questa, eseguita nel 1739 dall’artista Domenico Costa da Strongoli. 
Lo stesso si dica degli altari laterali, del presbitero e di quello della cappella del S.S. Ecce Homo. Ai lati dell’altare vi sono due graziose statuine di Angeli porta ceri in marmo bianco che recano alla base la date del 1506 e il nome di Andrea De Biase. 

Il Coro, che si apre spazioso dietro l’altare maggiore a cui si accede da due porticine in legno con una lunetta traforata in forma di margherita, è l’opera di intaglio artigianale più imponente di questo santuario. Gli stalli e il grande leggio del centro sono stati eseguiti dai francescani Fra Gennaro da Bonifati e Fra Giuseppe da Grimaldi tra il 1763 e il 1767. Disposte in alto sulle pareti, attorno al monumentale coro, sette tele del Capocchiani che raffigurano i principali misteri della Madonna:

  1. L’Immacolata Concezione 
    2. La nascita 
    3. La presentazione di Maria al Tempio 
    4. L’Annunciazione 
    5. La visita a Santa Elisabetta 
    6. La presentazione di Gesù Bambino al Tempio 
    7. L’Assunzione al cielo

Sul soffitto, invece, è raffigurata l’Incoronazione della Vergine. Tutte queste tele portano lo stemma delle famiglie committenti e sono datate al 1755. Al di sopra delle tele è posta una moderna vetrata raffigurante la Vergine S.S: Assunta in cielo. 

Adiacente al Coro si trova la Sagrestia. 
Gli armadi sono stati eseguiti nello stesso stile e con gli stessi materiale adoperati per il Coro ad opera degli stessi frati ebanisti. Sulla volta e sulle pareti vi sono molti quadri di varia dimensione di santi e di sante, di autori diversi e ritoccati nel 1892 dal Beltrone. Tra questi c’è ne uno del Santanna, raffigurante la Madonna con il Bambino e i Santi, datato 1756. In una saletta adiacente alla Sagrestia vi è un armadio in legno intagliato, con tre inginocchiatoi per la preparazione alla Messa e per il ringraziamento, probabilmente appartenete all’antica Chiesa.

In ordine edilizio è l’ultima costruzione del complesso edilizio che forma la Chiesa. 
Sia per esigenza di spazio nelle grandi feste, durante le quali il gran numero di fedeli creavi seri problemi, sia per onorare il serafico Padre San Francesco, nel 1965 fu realizzata questa cappella che sorge accanto a quella del S.S. Ecce Homo e con la quale è in comunicazione, ma in più vi si accede anche direttamente dal piazzale antistante la Chiesa.

Due piccole vetrate ai lati dell’altare rappresentano i patroni dell’Ordine Francescano Secolare (O.F.D.) San Ludovico e Santa Elisabetta e, altre due ai lati del portale d’ingresso raffigurano i Sette Martiri Calabresi ed il Beato Umile da Bisignano; in alto lungo le pareti è riportato il testo del Cantico delle Creature.
Al centro, dietro l’altare, un dipinto di san Francesco a braccia aperte, pare voglia invitare tutti a lodare e benedire l’Altissimo Onnipotente, Bon Signore; vi si trovano due dei quattro confessionali del XVIII sec.

Adiacente alla Chiesa, a fianco della quale s’innalza dall’interno del chiostro la possente torre campanaria a cuspide, è situato il Convento, uno dei più grandi della provincia religiosa minoritica di Calabria.

La parte più antica del complesso risalente alla metà del sec XV è a pianta quadrata con archi di tufo a tutto sesto e pilastri quadrangolari con capitelli. Il chiostro con al centro un pozzo antico, caratteristico dei conventi francescani, presenta quattro colonnati ai lati, di cui tre originali ed uno restaurato di recente, adornato  ai bordi da aiuole. Attraverso il corridoio d’ingresso sul lato opposto si trova una prima sala per conferenze adornata da quadri antichi provenienti dalla chiesa. Un quadro del ‘500 raffigura S. Antonio da Padova; due tele della stessa dimensione che raffigurano S. Francesco d’Assisi e S. Pietro d’Alcantara, firmate da Ioanes De Simone, pittore del ‘600, portano la data del 1649; un Crocefisso (di cui non si conosce ne il periodo e ne l’artista) si trova nella parete opposta fu commissionato dal dottor Miglioli, come ne cita la scritta sul quadro; un quadro, di forma triangolare, raffigurante l’Eterno Padre con la destra benedicente (quadro proveniente dal Coro) si trova sopra la cattedra della presidenza.

Subito dopo la sala a sinistra un portale antico immette nella Cappella del Beato Umile da Bisignano. La piccola Cappella, fu realizzata nel 1986, durante la restaurazione del chiostro. Detta cappella ingloba un piccolo vano che la tradizione vuole sia stato abitato dal Beato Umile nei due anni in cui fu mandato in segregazione a Mesoraca; tale vano era già tenuto in venerazione. Nella cappella, sulla parete di fondo in pietra viva, si trova un crocefisso del XVIII sec. È un elegante immagine del Beato Umile dipinta a Roma da G. B. Tronchet nel 1887. Fu esposta per molto tempo nella parete del coro dietro l’altare maggiore; rievoca idealmente il colloquio prodigioso con la Vergine Santissima.

Oltrepassando la cappella, sempre a sinistra, c’è una mini esposizione di reperti antichi in tufo, in cotto ed in legno. Proseguendo si incontra un ampio portale in ferro e vetro che porta nell’orto e nel bosco passando attraverso un panoramico piazzale dove, in passato, era situato l’asilo di mendicità. Scendendo verso l’orto, l’ultima porta in legno immette nel grande salone molto luminoso, riadattato nel 1994, le cui pareti sono ornate di pannelli di polistirolo raffiguranti le strofe del Cantico delle Creature. In fondo, attraverso un breve corridoio, si giunge alla suggestiva Cappella di Santa Chiara. È un antico sotterraneo adattato a cappella a conclusione dell’VIII centenario della nascita di Santa Chiara; vi si trova una tela antica di autore ignoto, raffigurante la santa con la pisside nella mano destra.